Mentre le tv di tutto il mondo mandano in onda le immagini della caduta del regime di Gheddafi, l’Italia e in particolare l’isola di Lampedusa pensano alle tante incognite del dopo-Gheddafi.

La principale riguarda il fronte immigrazione.

A confermare i rischi il sottosegretario agli esteri Mantica affermando che “l’attuale instabilità può portare cittadini non libici, soprattutto subsahariani finora sfruttati dal regime di Gheddafi, a fuggire e a tentare di raggiungere l’Europa”.

I leader del Consiglio nazionale di transizione libico hanno assicurato collaborazione nel contrasto alle partenze dei barconi di disperati verso l’Italia. Ma in questa concitata fase che sta portando alla caduta del rais non ci sono certezze riguardo al destino delle centinaia di migliaia di profughi africani che lavoravano in Libia prima della rivolta.

In particolare i sudanesi che vivono a Tripoli. Sono considerati una sorta di categoria per così dire ‘protetta’ dal rais, il quale in realtà li ha usati per i suoi tornaconti. Per questo potrebbero essere per così dire perseguitati dal nuovo governo e serve vigilare altrimenti la loro unica salvezza sarebbe la fuga verso le coste italiane.

Di certo l’Italia non può solo pensare al suo tornaconto e a bloccare i flussi di profughi se questi in Libia non avranno garantiti i basilari diritti umanitari.

Ma come conferma il sottosegretario agli esteri Mantica, “chiederemo di più sull’istituzione di campi profughi in Libia che abbiano gli standard dell’Onu e una presenza più attiva delle organizzazioni umanitarie”.

Di certo il rischio di una nuova massiccia ondata di sbarchi dalla Libia è plausibile anche se in queste ore nessun barcone partito da Tripoli è arrivato a Lampedusa.

Le uniche piccole imbarcazioni che hanno raggiunto le coste siciliane arrivano dalla rotta tunisina.