I carabinieri del Reparto operativo di Agrigento,diretti dal maggiore Salvo Leotta, hanno denunciato in stato di libertà il padre, la madre e la fidanzata di Calogero Bellavia, il ventunenne di Favara arrestato sabato scorso dagli stessi militari perchè ritenuto il vivandiere di Gerlandino Messina. La findanzata è figlia del proprietario della palazzina dove è stato stanato il boss empedoclino. Cibo e alimenti secondo gli investigatori sarebbero stati cucinati da qualcuno in casa, quasi sicuramente un familiare del giovane. Intanto i carabinieri del Ris di Messina hanno terminato i rilievi nella palazzina di viale Stati Uniti, a Favara. Tutto è stato immagazzinato e conservato. Impronte digitali, tracce, frammenti biologici ed altro materiale ritenuto interessante. Nei prossimi giorni si cercherà di risalire alla cerchia dei fedelissimi del capo mafia, persone a lui vicino, che lo hanno aiutato e coperto in questi anni di latitanza. Si procederà ad analizzare tutto il materiale repertato nella palazzina. Tre le sedi degli specialisti dell’Arma impegnate: il computer, le schede telefoniche, i due telefoni cellulari sono stati inviati alla sezione Informatica di Roma; sempre nella Capitale, alla sezione dattiloscopica saranno analizzate centinaia di impronte digitali; infine nei laboratori di Messina si analizzeranno i frammenti biologici. Le perizie dei carabinieri del Ris si sono concentrati, soprattutto sull’abitazione, situata al primo piano della palazzina. Ma nessuna stanza segreta è stata scoperta. L’appartamento di viale Stati Uniti, è stato trovato quasi spoglio di arredo, solo pochi mobili, ma c’era tutto l’occorrente per vivere comodi: una console elettronica per videogiochi, un televisore, un lettore dvd, diversi films e videogiochi. Poi ancora un mobile pieno di scatolame di vario tipo, biscotti, caffè, pasta e condimenti, tra salse e sughi. Il boss empedoclino teneva la dispensa ricca di alimenti. Ogni tanto quando il giovane vivandiere, Calogero Bellavia, per ovvi motivi non poteva portargli il pranzo, era il boss stesso che provvedeva da solo, a cucinarsi qualcosa da mangiare. Certo chi lo favoriva non gli faceva mancare nulla: cibo, possibilità di scambiare quattro chiacchiere e forse di aggiornarlo in merito alle novità della consorteria, e ancora riviste, supporti informatici e diversi capi di abbigliamento. Poi con cura ossessiva, Messina esibiva la fede verso San Calogero. Forse in segno di protezione per lui e la sua famiglia. Foto del Santo sono state trovate all’interno del marsupio, assieme ad un blocco di foto di famiglia.